IL LIBRO
Il 20014 ha visto finalmente la pubblicazione di una lunga e accurata ricerca storica, iniziata per desiderio dell’architetto Fosco Cavallini, e proseguita dall’architetta Roberta Gini e dall’archivista Arianna Orlandi, socie dell’associazione Osservatorio di Monterotondo.
Il volume edito da Pacini Editore è stato presentato ufficialmente il presso i Granai di Villa Mimbelli, presentato dal prof. Giangiacomo Panessa e dal dott. Massimo Sanacore.
Lo studio affronta la storia della cappella dalle sue origini ai nostri giorni; ne è scaturito un lavoro ricchissimo di dati derivati da documenti di vario genere che rappresentano un inedito dei luoghi in cui sorge e dei proprietari e personaggi che li hanno animati.
La ricerca storica si basa principalmente su documenti reperiti in molti archivi toscani e segue un doppio filone di analisi: l’edificio è considerato sia come pertinenza della tenuta di Scafurno sia come oratorio religioso.
La ricostruzione segue la cronologia delle varie casate che si sono succedute come proprietarie del podere di Scafurno, descrivendo le trasformazioni apportate da ciascuna sia alla tenuta sia alla cappella; cerca inoltre di tratteggiare un’immagine della vita quotidiana presentando le varie famiglie che lavoravano all’interno della tenuta e che avevano come riferimento la cappella di Scafurno.
Il racconto prende avvio dal XV secolo, epoca a cui risalgono i documenti più antichi sul podere di Scafurno, allora parte della vasta tenuta di Montenero di proprietà della ricca Mensa arcivescovile di Pisa, e gestito per quasi tre secoli dalla nobile famiglia pisana dei Ceuli con contratto di livello.
La famiglia degli Ottonelli, già sub-livellaria dei Ceuli e livellaria diretta dal 1752 al 1771, fece costruire l’oratorio dedicato a sant’Antonio da Padova.
A essa successe la facoltosa famiglia dei mercanti Calamai che, proprietari fino al 1821, apportarono grandi trasformazioni a tutta la tenuta e ricostruirono la cappella.
Per un breve periodo la proprietà appartenne al conte Giraud che la vendette al più blasonato principe polacco Poniatowski.
Alla metà del 1800 la tenuta fu acquistata dalla famiglia Maurogordato, di origine greca, che si adoperò molto in ampliamenti e ristrutturazioni.
Nel dopoguerra i proprietari furono prima il Consorzio provinciale antitubercolare di Livorno e in seguito la Provincia di Livorno che acquistarono la tenuta con nobili scopi e interessanti progetti, purtroppo però completamente disattesi nei fatti: iniziò il periodo dell’abbandono, dell’incuria e del degrado.
Solo la cappella, esclusa dalla vendita alla Provincia, ha potuto essere frequentata dagli abitanti di Monterotondo fino al 1973, prima come parrocchia succursale di Montenero e in seguito di Collinaia; quando nel 1974 venne aperta al culto la nuova chiesa di Nostra Signora di Lourdes anche la cappella di Scafurno, persa la sua funzione, cominciò a essere oggetto di atti vandalici.
Nel 2000 l’edificio, messo all’asta dall’USL di Livorno, venne acquistato dall’architetto Cavallini che ne curò il restauro grazie al quale si presenta oggi integro nelle sue caratteristiche storiche e architettoniche, seppur privo degli arredi antichi: la cappella è dunque l’unica pertinenza del complesso della villa Maurogordato che sia tornata alla situazione originaria grazie all’interesse, alla volontà e agli sforzi di un privato.
Il volume edito da Pacini Editore è stato presentato ufficialmente il presso i Granai di Villa Mimbelli, presentato dal prof. Giangiacomo Panessa e dal dott. Massimo Sanacore.
Lo studio affronta la storia della cappella dalle sue origini ai nostri giorni; ne è scaturito un lavoro ricchissimo di dati derivati da documenti di vario genere che rappresentano un inedito dei luoghi in cui sorge e dei proprietari e personaggi che li hanno animati.
La ricerca storica si basa principalmente su documenti reperiti in molti archivi toscani e segue un doppio filone di analisi: l’edificio è considerato sia come pertinenza della tenuta di Scafurno sia come oratorio religioso.
La ricostruzione segue la cronologia delle varie casate che si sono succedute come proprietarie del podere di Scafurno, descrivendo le trasformazioni apportate da ciascuna sia alla tenuta sia alla cappella; cerca inoltre di tratteggiare un’immagine della vita quotidiana presentando le varie famiglie che lavoravano all’interno della tenuta e che avevano come riferimento la cappella di Scafurno.
Il racconto prende avvio dal XV secolo, epoca a cui risalgono i documenti più antichi sul podere di Scafurno, allora parte della vasta tenuta di Montenero di proprietà della ricca Mensa arcivescovile di Pisa, e gestito per quasi tre secoli dalla nobile famiglia pisana dei Ceuli con contratto di livello.
La famiglia degli Ottonelli, già sub-livellaria dei Ceuli e livellaria diretta dal 1752 al 1771, fece costruire l’oratorio dedicato a sant’Antonio da Padova.
A essa successe la facoltosa famiglia dei mercanti Calamai che, proprietari fino al 1821, apportarono grandi trasformazioni a tutta la tenuta e ricostruirono la cappella.
Per un breve periodo la proprietà appartenne al conte Giraud che la vendette al più blasonato principe polacco Poniatowski.
Alla metà del 1800 la tenuta fu acquistata dalla famiglia Maurogordato, di origine greca, che si adoperò molto in ampliamenti e ristrutturazioni.
Nel dopoguerra i proprietari furono prima il Consorzio provinciale antitubercolare di Livorno e in seguito la Provincia di Livorno che acquistarono la tenuta con nobili scopi e interessanti progetti, purtroppo però completamente disattesi nei fatti: iniziò il periodo dell’abbandono, dell’incuria e del degrado.
Solo la cappella, esclusa dalla vendita alla Provincia, ha potuto essere frequentata dagli abitanti di Monterotondo fino al 1973, prima come parrocchia succursale di Montenero e in seguito di Collinaia; quando nel 1974 venne aperta al culto la nuova chiesa di Nostra Signora di Lourdes anche la cappella di Scafurno, persa la sua funzione, cominciò a essere oggetto di atti vandalici.
Nel 2000 l’edificio, messo all’asta dall’USL di Livorno, venne acquistato dall’architetto Cavallini che ne curò il restauro grazie al quale si presenta oggi integro nelle sue caratteristiche storiche e architettoniche, seppur privo degli arredi antichi: la cappella è dunque l’unica pertinenza del complesso della villa Maurogordato che sia tornata alla situazione originaria grazie all’interesse, alla volontà e agli sforzi di un privato.